Daniel Kelly, per un certo periodo Danny e poi semplicemente Dan, è un adolescente australiano, figlio degli esponenti della tipica working class, padre di origine scozzese, madre parrucchiera di origine greca. Il suo destino, nell’Australia a metà degli anni ’90, ancora molto classista ed escludente, sembra essere quello, rassicurante e claustrofobico, riservato a persone della sua classe sociale, scuole pubbliche, amicizie tra figli di immigrati, possibilità limitate. Il suo talento per il nuoto è uno spartiacque: vince una borsa di studio in un prestigioso liceo, con la possibilità di allenarsi tutti i giorni in maniera adeguata e di partecipare alla selezione per le gare olimpiche, in previsione dei Giochi di Sydney 2000. Questa sua eccezionalità cambia i rapporti di forza all’interno della compagine familiare, con la sorella e il fratello minore che finiscono per essere al tempo stesso trascurati e orgogliosi dei suoi notevoli successi. I ritmi della famiglia, come i pranzi domenicali o le occasioni festive, sono subordinati agli allenamenti sfinenti e necessari di Danny. In qualche modo lui diventa il prescelto, il ragazzo prodigio.
La compagine scolastica di ragazzi ricchi, dopo iniziali rifiuti, finisce, almeno apparentemente, per accettarlo, e anche i suoi potenziali rivali, Wilco e Martin, cominciano a invitarlo nelle loro strabilianti case, all’interno delle loro famiglie piene di viaggi all’estero. L’estraneità di Danny a quel mondo è colmata dalla fiducia riposta nelle sue potenzialità, nell’ammirazione che suscita il suo fendere l’acqua come se fosse aria, il suo scivolare sulla superficie lucida e trasparente, l’odore di cloro come una seconda pelle. Iniziano a chiamarlo Barracuda, un nomignolo che sottolinea ferocia e fame, una fame destinata a non poter essere saziata.
Quando Danny non riesce a vincere le gare necessarie per la qualificazione olimpica, il suo mondo si ribalta. Il peso dell’aspettativa delusa diventa la sua nemesi, il suo avversario impossibile da battere. Finisce con il sentirsi estraneo al mondo che lo ha prodotto e in breve viene rifiutato da quello, privilegiato, che aveva finto di accoglierlo solo per i suoi successi. Il suo rendimento scolastico precipita, al punto da spingerlo a lasciare la scuola e a trovarsi un lavoro umile e lontano dalle speranze coltivate, come piante ormai secche.
Quando è evidente che i suoi ex compagni di scuola lo hanno escluso di nuovo, la rabbia mai sopita esplode in un crescendo di violenza e procura a Martin una serie di cicatrici e a Danny una condanna a 8 mesi di carcere per violenza e lesioni.
Nella chiusura forzata, Danny scoprirà due cose fondamentali per la sua crescita: l’amore per la lettura e il suo desiderio per gli uomini. I corpi, che durante gli anni del nuoto apprezzava solo per il loro aspetto meccanico, la capacità di attraversare la barriera dell’acqua, diventano possibili veicoli di piacere.
Ci vorrà molto tempo, anche dopo l’uscita dal carcere, prima che Danny rimetta insieme i pezzi della sua vita frantumata e piena di crepe, i silenzi che preferisce invece di raccontare e accettare la responsabilità della sua stessa sconfitta, del senso di fallimento, che lo ha marchiato più della prigione. Sostanzialmente per uscire fuori dal bisogno e dal desiderio decide di rinunciare a nuotare, per molto tempo.
Si imporrà un esilio volontario in Scozia insieme al suo compagno, Clyde, credendo che la distanza dall’Australia sia la possibilità di nuova vita e di salvezza che stava cercando. Il contatto con l’acqua, che riemerge come un amore inutilmente negato, lo riconnette alla persona che era e a quella che forse può diventare. Il successo e il fallimento, come ha scritto Rudyard Kipling, sono due perfetti impostori: entrambi abusano di chi possiedono, li trasformano in simulacri, in immagini irreali.
Danny, con i suoi irrisolti, somiglia a chiunque abbia avuto dei successi giovanili e abbia coltivato sogni di grandezza. Eppure, ogni corpo inevitabilmente cede e diventa qualcosa di diverso dalla presunta perfezione. Dietro ogni desiderio esaudito c’è una strada fatta di cocci, di lacrime e di perdita.
Dietro ogni caduta, fragorosa, devastante, c’è la possibilità di scendere a compromessi con i demoni. E di vivere.
“L’acqua può ucciderti e l’acqua può tradirti. L’acqua può deluderti.
Sento un fremito alla spalla e capisco che i muscoli si stanno risvegliando.
Mi slaccio la cintura, mi levo i pantaloni.
Avanzo, l’acqua mi arriva alle cosce, al pube, alla pancia. È freddo freddo freddo e ho l’impressione che le mie gambe si stiano per spezzare dal dolore. Mi tuffo. Il fiato mozzato.
I muscoli, da anni inerti, in attesa, ricominciano a muoversi.
E sto nuotando.
Mi trovo nell’acqua, che si spalanca per lasciarmi entrare, che si muove apposta per me, che mi accoglie.
Sto nuotando.
Ed è a questo che appartengo”.



